Professione temporanea

“VI LASCIO LA PACE”: realtà o ideale?

Tante volte sono mi sono trovata nel bel mezzo di dibattiti sulla sfiducia per i conflitti che consumano il mondo, sul senso del pregare per la pace, sulla pace come sogno per gente illusa. Tanto niente cambierà. Tuttavia, ho sperimentato e sono fermamente convinta che, se la violenza e la guerra sono dei prodotti culturali, che oggi purtroppo dominano, la pace può rispondervi come valore concreto, reale. Occorre una rivoluzione culturale. Diffondere una cultura della pace, è urgente. E questa rivoluzione non può che partire dal piccolo dei nostri contesti familiari, affettivi, lavorativi, parrocchiali. Da dove cominciare…Beh da secoli abbiamo un modello, anzi, il modello della pace stessa, in Gesù Cristo. Gesù ci insegna a vivere di pace. Ci ciba di pace e ci trasforma. Ma, noi poveri uomini e donne siamo duri di comprendonio, e sempre recidivi. Siamo sicuri che vogliamo veramente farci trasformare? Siamo sicuri che la vogliamo vivere davvero la pace? Come possiamo allora lasciarci modellare dalla “Sua pace”, e non ridurre la nostra preghiera a un esercizio di parole? Facendo della pace un concreto esercizio di vita! Non possiamo desiderare qualcosa e vivere passivamente. Il desiderio implica uno sforzo, è un esercizio appunto.

Ed è quanto ho vissuto l’estate scorsa durante 3 settimane di formazione per ausiliatrici di voti temporanei. Alla sessione eravamo 21 suore di cui 7 europee, 11 rwandesi, 2 indiane, 1 latino-americana e 1 giapponese. Per comunicare ci “aggiustavamo” con l’inglese, lingua materna di nessuna, ma un terreno comune dal quale partire. Tutto il resto, dagli orari della sveglia a quelli delle messe, dal cibo in tavola al come vediamo il mondo, una scoperta costante. Sicuramente tutto ricco ed entusiasmante, ma allo stesso tempo pieno di sfide, a volte di scontri, incomprensioni, momentanei allontanamenti che alimentavano il pregiudizio. E’ dura essere fedele alla relazione, cercare il dialogo, sapendo che hai davanti una tua consorella e che quindi cerca il bene come te, ma questi due beni non corrispondono. E’ difficile dare fiducia se con l’altra c’è una modalità comunicativa diversa. E’ dura fare la pace se abbiamo visioni diverse del mondo e il bene vogliamo realizzarlo in modi diversi. Chi ha ragione? Lei o io? 

Ecco, in queste difficoltà ho sentito che vivere questo sforzo di incontro, convivere con tutte queste differenze, tentare lo scambio con fiducia anche se a pelle sentivo il contrario, era un esercizio di pace. Attraversare il grande ostacolo delle differenze, facendo dell’altra, così lontana da me, un dono per il confronto, la riflessione, la crescita, è la rivoluzione della pace. Accogliersi nella diversità e dialogare nella diversità, senza volere un migliore o un peggiore, un giusto o uno sbagliato, lasciando che sia il vero bene a vincere (e non quello che è secondo me), è la rivoluzione della pace.


Inoltre, le differenze sono a nostra portata molto più di quanto crediamo, al di là delle culture e dei paesi diversi. Certo, visitare posti nuovi, viaggiare come turisti o brevi tempi di volontariato, sono occasioni preziose in cui entrare in contatto con mondi altri, ma non basta. Vivere l’alterità nel suo essere definitiva ed esercizio quotidiano, fa la differenza, e lo possiamo sperimentare ogni giorno lì dove siamo. Infatti anche in una coppia si vive la diversità; con gli amici, con i figli, con i colleghi…viviamo di diversità costantemente, ed è proprio del nostro essere diversi che arricchiamo il mondo.
Ma allora perché non proviamo davvero ad accogliere l’alterità per costruire la pace? “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Abbiamo già ciò di cui abbiamo bisogno, un modello e un compagno di viaggio come punto di partenza e di arrivo. Che il laboratorio di vita nella pace abbia inizio. Sr Ilaria