25 anni che mi occupo di tratta

25 anni che mi occupo di tratta

Sr Claudia ci aiuta ad entrare nell’argomento a partire alla sua esperienza lavorativa

Sono almeno 25 anni che mi occupo di tratta a scopo di sfruttamento sessuale…da quando all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo, alcune delle strade di Milano si popolavano, la sera e la notte soprattutto, di ragazze “bianche e nere”. I primi tempi, eravamo veramente sconcertate e allibite, noi che eravamo passate “dalla rivoluzione sessuale” e dal femminismo degli anni ‘70/’80 e quindi convinte che non ci fosse più prostituzione a motivo della libertà sessuale raggiunta e soprattutto, per l’emancipazione femminile e le accresciute possibilità di accesso al mercato del lavoro delle donne! Poi abbiamo scoperto che la globalizzazione aveva anche questi nefasti risvolti e che nonostante la maggior libertà sessuale, gli uomini italiani (Europei…) “andavano a prostitute” e che la criminalità attingeva da altri paesi -in quei primi anni dall’Albania e dalla Nigeria- donne e ragazzine per il mercato italiano del sesso, ragazze e donne povere e molte con un grande desiderio di emancipazione che illusoriamente “avrebbero realizzato in Europa”!

Oggi dopo 25 anni ci sono dei cambiamenti, i dati che raccogliamo ci dicono che è consolidata la presenza sulle strade di donne dell’Europa Orientale, romene soprattutto, mentre sta calando la presenza delle nigeriane…

Le donne nigeriane per anni venivano fatte arrivare in aereo in varie capitali europee e poi smistate…dal 2016 i trafficanti hanno scelto altre rotte e altri mezzi: le rotte attraversano il deserto del Sahara, la Libia, il Mediterraneo e i mezzi sono camion, pick-up, moto e i barchini! Tutto è molto faticoso e doloroso, pericoloso fino alla morte che in tante incontrano nel deserto, nei lager libici, in mare…oggi con la guerra in Libia, i trafficanti hanno cambiato ancora una volta le rotte e le mete sono il Niger e altri paesi africani dove ci sono le miniere d’oro e quindi uomini!

Sulle strade italiane ora ci sono soprattutto ragazze romene e, in numero ridotto, albanesi. La loro situazione è molto diversa, soprattutto per la maggior facilità di spostamento tra l’Italia e il paese d’origine, i loro paesi sono in Europa e questo significa libertà di attraversare le frontiere, non essere clandestine, poter fare le pendolari…ma è differente anche il rapporto con chi le sfrutta, che in genere garantisce loro una sorta di stipendio mensile, con cui le donne non solo sopravvivono, ma aiutano le proprie famiglie e i loro bambini lasciati al paese! Proprio questo minimo ritorno economico, insieme alla sensazione di una sorta di libertà di andare e venire, le rende pochissimo interessate a chiedere aiuto e a immaginare progetti alternativi alla prostituzione.

Il primo servizio che abbiamo aperto nel 1994, era l’unità di strada: due, tre persone che con un’auto, facevano il giro in strada per contattare le donne. L’obiettivo è sempre stato offrire una relazione diversa, gratuita, interessata esclusivamente a ogni donna incontrata. Diversa dalle relazioni con gli sfruttatori e i clienti, quasi sempre le uniche abituali relazioni che vivono le donne che si prostituiscono. Sono un gruppetto di volontari che si avvicendano accompagnati da un’operatrice, 2 sere/notti alla settimana, si vivono relazioni austere, perché il turn-over delle donne è alto e dopo due o tre mesi non le rivediamo, non sempre siamo accolti bene, raramente una donna ha lasciato la strada con il nostro aiuto e quando questo avviene è festa…ma siamo convinti che sono semi di bene quelli che spargiamo, ci interessa incontrarle e riconoscerci con una comune umanità …e lasciare una porta aperta. A volte ci telefonano da altri paesi per salutarci, per darci notizie e questo significa che il filo dell’incontro ci accompagna ancora.

Tutte le donne in strada arrivano da paesi impoveriti e sfruttati, dove il patriarcato è forte come la disuguaglianza di genere ed è molto difficile parlare di “libera scelta” con questo background, anche quando non fanno nulla per venirne fuori e sembrano trovarsi bene…ma conoscendo i loro paesi e le loro piccole storie ci si rende conto che è il desiderio di avere orizzonti più ampi che non l’unica strada del proprio villaggio, è il desiderio di più opportunità che non un matrimonio combinato, è il desiderio di indipendenza che non avere la miseria come unica prospettiva…che spinge a rischiare tutto, a lasciare ciò che conoscono, a volte famiglia e affetti, scommettendo sul futuro, poi così gramo e travagliato. Di fronte a loro il giudizio non c’è, non ci può essere che l’accoglienza, la cura delle tante ferite…

Ben diversa la situazione dei trafficanti, la valutazione delle reti criminali che hanno fatto del traffico degli esseri umani una delle maggiori fonti di introiti e anche il giudizio rispetto ai clienti che non si possono considerare esenti da responsabilità.

E’ cultura corrente la riprovazione verso chi si prostituisce, verso le donne e non per i clienti che frequentano le prostitute, anche se le leggi di mercato dicono che offerta e domanda vanno sempre insieme. E’ proprio il lavoro sulla domanda che è molto difficile, è difficile incidere sui comportamenti dei maschi italiani (e non), aiutandoli a riconoscere la violenza che la prostituzione porta in sé, spingendoli a ammettere la connivenza con la criminalità e lo sfruttamento del corpo di una ragazza comprata come un oggetto.

Se per quanto riguarda l’intervento con le donne e lo stare accanto a loro fattivamente, i passi avanti sono stati moltissimi: abbiamo una buona legge, una buona rete anti-tratta con comunità di accoglienza e servizi, finanziamenti pubblici…sul fronte del contrasto alla criminalità le polizie sono ancora in affanno…e per quanto riguarda i clienti o meglio la domanda, la fatica è tanta. Si continua a voler pensare la prostituzione come una libera scelta tra due soggetti liberi e quindi a uno scambio, e a ritenere opportuno e conveniente acquistare “piacere”…

Papa Francesco afferma”(…) La consapevolezza reale sul tema investe l’attenzione alla “domanda di tratta” che sta dietro l’offerta (filiera del consumo); siamo tutti chiamati a uscire dall’ipocrisia e affrontare l’idea di essere parte del problema piuttosto che girarci dall’altra parte proclamando la nostra innocenza. Lasciatemelo dire, se ci sono tante ragazze vittime della tratta che finiscono sulle strade delle nostre città, è perché molti uomini qui – giovani, di mezza età, anziani – richiedono questi servizi e sono disposti a pagare per il loro piacere. Mi chiedo allora, sono davvero i trafficanti la causa principale della tratta? Io credo che la causa principale sia l’egoismo senza scrupoli di tante persone ipocrite del nostro mondo. Certo, arrestare i trafficanti è un dovere di giustizia. Ma la vera soluzione è la conversione dei cuori, il taglio della domanda per prosciugare il mercato.”(IV giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone-12 febbraio 2018)

E questa continua a essere la vera sfida che non mi sono ancora stancata di raccogliere!

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